Archivio di Elio V. Bartolozzi

Premessa all’Archivio di (evb): Elio Vittorio Bartolozzi nasce a Sestri Levante nell’agosto 1936 e trascorre gran parte della sua prima età scolare (le scuole elementari) tra gli accampamenti della Monterosa – siti in S. Margherita di Fossa Lupara (Sestri Levante), dove allora abitava, i presidi della Wehrmacht sparsi un po’ ovunque e “le bande partigiane”: delle quali tutti ne parlavano, ma ben poco si facevano vedere nelle borgate più in basso, prossime alla costa. Si diceva che c’erano; che di notte scendevano anche nei borghi più vicini alla marina; spesso si faceva anche il nome di qualcuno e si diceva che fosse stato catturato e condotto a Chiavari, da Spiotta. E spesso si sentiva anche dire che fosse stato fucilato dopo essere stato lungamente torturato. Ma anche se nascosti a pochi chilometri dalle abitazioni delle contrade più verso la pianura e più prossime al litorale, difficilmente si facevano scorgere da noi. Per paura delle spiate, si diceva.

Elio, allora, era solo un ragazzo e viveva queste cose come se scorressero su uno schermo cinematografico. Di veramente reale, per lui, c’erano soprattutto le continue incursioni aeree sul territorio. Sempre troppo vicine alle case, sempre troppo spaventose, specialmente riguardo certi specifici punti: gli stabilimenti della F.I.T., per esempio, pieni di sestresi che vi lavoravano come operai, compreso un suo fratello, e i Cantieri del Tirreno con maestranze quasi tutte della zona. E poi le strade erano prese in genere di mira, specialmente i grandi incroci della Lapide, la salita del Bracco, la ferrovia e i suoi ponti.
E di notte il rombo sordo di Pippo che incuteva sgomento. Terrorizzava la gente e poi sganciava qualche bomba qua e là e se n’andava. Ma al mattino c’era sempre qualche notizia infausta che lo riguardava. Anche quando non sganciava qua, se ne parlava perché se non aveva sganciato qua da qualche altra parte l’aveva fatto, e là v’erano sicuramente dei morti. A terrorizzare di più, era però la troppa paura della guerra che tutti serbavano in fondo al cuore.
Ma erano anche i rastrellamenti “detti anche incursioni nazifasciste” a terrorizzare la gente che scappava a ripararsi nei rifugi. In decine di rifugi che la gente provvedeva a scavare ovunque. Perciò, sotto ogni piccolo promontorio o lungo le vallette più profonde e con robuste pareti di pietra dura, venivano scavate le  gallerie dove andarsi a riparare, e spesso a trascorrervi la notte. Insomma, si cercava di scappare da tutto quello che ci turbava e che spezzava il fiato.
E poi c’erano i fucilati, tutto intorno al rione dove Elio abitava: che viveva in contrada Valle, sotto la parrocchia di S. Margherita di Fossa Lupara, assieme alla sua numerosa famiglia, orba del suo capo famiglia perché il padre era morto del ’39 investito da un’auto proveniente da Genova e diretta alla Spezia, con a bordo un marittimo appena sbarcato nel porto genovese, e che stava correndo, forse troppo, a trovare la famiglia lungo una strada appena terminata, a Sestri, che sarà inaugurata solo l’indomani mattina, e che verrà chiamata S.S. n.1 o anche Via Aurelia.
Quindi, orfano del padre all’età di tre anni, presto è costretto ad abbandonare la scuola per aiutare, nel suo piccolo, anche lui la famiglia ad andare avanti. Quindi la guerra aggiunge e gli complica ancora di più la vita. I bisogni sono enormi: quattro fratelli e tre sorelle, d’età tra i quindici anni e i tre mesi di vita devono arrangiarsi per sopravvivere. Questa è la drammatica sorte di tutti e sette, otto compresa la madre vedova.

Elio subisce la guerra come fosse una quasi “normalità”. Si avvezza a tutto, ma in sordina. Incamera le cose senza elaborarle, la giovane età non gli offre l’opportunità di approfondirle. L’occasione per ripensarle gli si presenta quando, già entrato in ferrovia come macchinista, lo invitano a fare il segretario contabile e addetto culturale presso il Circolo “Virgola” di S. Margherita di F.L.; frequentato tra l’altro, da molti ex partigiani della “Coduri”. Silvio Fico, il più giovane dei tre fratelli Fico, di cui il famoso “Virgola” ne è il maggiore, ricopre la carica di presidente pro tempore.
Elio ha così l’opportunità di chiacchierare spesso con i molti partigiani che frequentano il Circolo. Ciò che gli dà modo di rielaborare i suoi molti ricordi dell’epoca; e della guerra da soli pochi anni terminata. Ascolta ed entra nelle discussioni, capisce che molti di coloro con cui sta parlando hanno un’infinità di cose interessanti da raccontare sul loro periodo trascorso sui monti. Li ascolta con attenzione, ne coglie i dissensi e le piccole rivalità. Fa domande. E ne fissa i ricordi.
Nel contempo, dagli ormai remoti tempi della scuola, si diletta a scrivere e a leggere moltissimo. Soprattutto poesie, così, tanto per tenersi allenato. Cerca di approfondire alcuni autori che ama in modo particolare. Non tralascia però di leggere le grandi opere di prosa, le biografie di molti personaggi storici, e altre cose. L’essere pendolare (perché trasferito nel frattempo a Genova) gli consente di leggere in continuazione, sia nei viaggi di andata sia in quelli di ritorno tra Genova e Sestri Levante.
Poi un giorno, dal presidente dell’Università Popolare di Sestri Levante, dott. D. Bixio, gli viene chiesto di poter leggere alcune sue cose. Gliele consegna. Poco tempo dopo gli viene proposto la pubblicazione di una silloge di poesie, che ne comprende circa una ventina. Accetta, e questa esce nel 1971 con il titolo “Quadrangolatura”.
L’anno successivo il Circolo “Virgola” compie il suo decimo anno di vita. Ed è nelle intenzioni di tutti gli iscritti festeggiarlo nei dovuti modi. Questa volta, alle manifestazioni tradizionali con pranzi, intrattenimenti danzanti e cene partigiane, si vuole inserire anche un’appendice culturale. Si vorrebbe scrivere una storia della Divisione “Coduri” ma ormai non si ha più tempo: la data del 1° Maggio 1972 incombe. E allora si opta per la riedizione – con modifiche, aggiunte e ampliamenti vari – di un opuscolo dedicato al comandante “Virgola”; a cui, dieci anni prima, i suoi soci fondatori avevano deciso di dare il suo nome al nuovo Circolo, che così assunse il nome di: “Circolo R.C. dei Lavoratori Virgola”. E a Elio viene affidato l’incaricato di curare la nuova riedizione.
I festeggiamenti del decennale ebbero indubbio successo, anche perché trovarono ampia adesione da parte soprattutto dei partigiani, e poi da molte Associazioni sociali, politiche, sindacali. Circoli culturali, associazioni Combattentistiche e d’Arma, Comuni, Provincie e Regioni. Ma l’entusiasmo di quegli incontri diede consistenza anche ad obiettivi molto più ambiziosi. Tipo un archivio partigiano dedicato in primis alla Coduri, per ampliare quello già esistente, con l’aggiunta di nuovi documenti, memorie, interviste e tutto quello che sarebbe via via apparso utile. E allo stesso tempo preparare la stesura di una storia della divisione Coduri, che se ne parlava da anni ma che molto faticava a prendere consistenza.
Tutto questo fermento risvegliò, non si sa né il perché né il percome, nell’animo di molti – in vario modo legati anch’essi alla Resistenza – una forte contrarietà che coinvolse un po’ tutti. Insomma, le ambizioni del Circolo furono drasticamente ridimensionate. Alla fine, la battaglia fu vinta dai soliti “dragoni”. E sconfitti, i fautori della “devianza” culturale furono dispersi. E chi, attraverso l’allontanamento camuffato da necessità di opportuno ricambio delle cariche del Consiglio di Circolo, sia attraverso avanzamenti politici nei ranghi partitici furono, e neanche tanto gentilmente, allontanati. E il Circolo, per andare avanti, dovette sottostare per anni a una politica di mascherata sottomissione, fino a terminare sotto una gestione “politicamente controllata”.
Ma il presidente di allora, caparbio, seppe proteggere a dovere l’Archivio della Coduri, che conservò con cura estrema e poi consegnò ad Amato Berti per trarne la sua tesi di Laurea; per trasformarla poi, assieme a Marziano Tasso, in quella Storia della Coduri, che tutti conosciamo.
Per quanto riguarda Elio, invece, dato l’andamento che subirono gli eventi, di buon grado si rivolse ad altre Fonti e ad altri Archivi. E cotali “sbarramenti” non ebbero granché peso sul modesto proseguo delle sue ricerche sui partigiani e la Resistenza italiana, tutta. (evb 2017)

 

Nota introduttiva: I documenti presi in considerazione nei seguenti due Fascicoli (Fasc. 31 e Fasc. 32) hanno varie provenienze che verranno via via specificate trattando di ogni singolo documento.

Fascicolo n. 31:

Fasc. 31 – Doc. 1: Costituzione, organico e competenza del Tribunale militare di guerra della Divisione alpina repubblicana “Monterosa”

Fasc. 31 – Doc. 2: Amministrazione della Giustizia e della Disciplina nelle formazioni partigiane.

Fasc. 31 – Doc. 3: Epurazione contro il fascismo.

                                           Vedi Sentenza Virgola e altri Partigiani Coduri

                                           Vedi Sentenze ex alpini Monterosa           

Fasc. 31 – Doc. 4: Appendice: Decreto presidenziale 22 giugno 1946, n. 4, Amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari

 

Fascicolo n. 32 In questo 32° Fascicolo si sono voluti raccogliere tre momenti particolari, quattro esempi chiave su quello che era e quello che pensava o percepiva la gente del movimento partigiano. Tre momenti più che altro “umorali”, basati più “sulla percezione istintiva” che non sulla “conoscenza”, intesa come “cultura del conoscere”, di quello che il partigianato (ancora non sufficientemente conosciuto e forse più “odiato” che “amato”) potesse essere, o diventare, o inserirsi nella vita d’ogni giorno dell’Italia, intesa anche qui come entità  politica; e degli Italiani, intesi anche loro, qui, come futuro popolo fruitore.

Fascicolo n. 32 – Doc. 1:  Intervista ad Italo Fico “Naccari”

Fascicolo n. 32 – Doc. n. 2: Giornalino Scolastico sulla Resistenza di una Scuola Elementare di Sesta Godano

Fascicolo n. 32 – Doc. n. 3:   Giornalino Scolastico sulla Resistenza di una Scuola Elementare di Sestri Levante

Fascicolo n. 32 – Doc. n. 4: Le-brigate-garibaldi