Doc. n.14: “Azioni varie di Lanciere” – Doc. in fotoc., comp. da 12 f., 12 p. manosc., s.d. e s.f. – Testimonianza resa da Edilio Raspolini “Lanciere” nato il 4.3.12 a Sestri Lev. e da Edoardo Solari, raccolta da A. Minetti “Gronda” nel febbraio 1976.

Trascrizione

Azioni varie di “Lanciere”, Raspolini Edilio, nato a Sestri Levante il 4.5.1912 e residente a Casarza Ligure, descritte da Gronda.

Azione: Batteria di 20 alpini e 11 muli

Questa importante batteria si trovava accampata in località Battilana di Casarza Ligure e oltre al lavoro di salmeria e di approvvigionamento per le altre postazioni site in tutta la zona della Val Petronio, aveva il compito di sorvegliare pure un grosso deposito di armi e munizioni sito nelle vicinanze dove la stessa si trovava accampata. Noi sapevamo che fra le donne della zona e il Sergente che comandava questa batteria, che per la precisione era il Serg. Arduino in seguito sposatosi con una ragazza del posto la quale sembra abbia avuto molto ascendente sulle decisioni che lo stesso in seguito prese (l’allora Sig.na Osma) c’era bisogno di un incontro a livello partigiano per decidere definitivamente tutta la faccenda e il paesaggio di tutti gli uomini e vettovagliamento, ma soprattutto delle armi, al movimento partigiano.
Per questo delicato, quanto rischioso compito si offrirono il Lanciere e il Comandante di Distaccamento Toro. I due, vestitesi in borghese, dopo avere avuto un ultimo colloquio con Virgola, partirono alla volta di Battilana dove giunsero verso le ore 15; il Toro abitava proprio in quella zona ed essendo molto conosciuto si fermò in casa propria, mentre il Lanciare da solo si portò sul posto. Racconta che era armato di una pistola Beretta calibro 12 che teneva ben nascosta fra la cintura dei pantaloni; si avvicinò alle tende degli alpini e chiese del Sergente Arduino, lo chiamarono, si appartarono dagli altri e iniziarono il colloquio. Il Lanciare si fece conoscere per chi veramente era, avvertendo il sergente che un centinaio di partigiani erano appostati nei dintorni, ciò che non era assolutamente vero, ma al che l’Arduino rispose non essercene la necessità, perché tutti erano d’accordo di andare con i Partigiani, eccetto due che in quel momento si trovavano di guardia al deposito munizioni. Lanciere chiese ed ottenne di potersi recare a parlamentare anche con loro per vedere di convincerli. Si avvicina ai due e quando furono vicini per parlare senza essere ascoltati da nessuno disse loro: “Sentite giovanotti, io sono un partigiano, sono già d’accordo con il sergente v/s per il passaggio di tutto il v/s gruppo ai partigiani, sono tutti d’accordo, gli unici contrari siete voi, ma penso che ormai avete ben capito che la guerra per voi è finita, è persa, gli Americani sono alla linea Gotica, sappiamo di preciso che presto lanceranno una decisiva avanzata che spazzerà via tutto perché volete sacrificarvi? Non pensate alle vostre mamme, papà, fidanzate, fratelli, sorelle e amici? Non pensate alla vostra pelle? Capirete bene che se vi prenderemo con le armi in pugno quando verrà la vostra sconfitta saranno guai per voi? Venite con noi, starete bene abbiamo da mangiare, siamo al sicuro e se non vorrete fermarvi a combattere con noi, potrete raggiungere le v/s famiglie attraverso le montagne con un n/s salvacondotto, quanti come voi lo hanno già fatto.” Un bel momento il più giovane dei due si decise e disse: “anch’io vengo con gli litri miei amici”. Il più restio disse: “ma lo sa che io potrei arrestarlo e denunciare tutti gli altri?” e  no caro giovanotto, pensi forse che non sappiamo chi sei? come ti chiami? e che dopo ne pagheresti amaramente?  ma non sai che hai una pistola puntate su di ti pronta a sparare? Non sai che un centinaio di portigiani mi seguono e sono pronti a farvi fuori tutti? a queste parole si mise il moschetto sulle spalle e disse: anch’io vengo con i partigiani, ma poi proseguirò per il mio paese; era costui della prov. di Parma. Ritornai dal serpente, prosegue Lanciere, lo misi al corrente di tutto e decidemmo che lo avrei fatto incontrare con un comandante non lontano. In quel mentre si senti un rombo di moto-sidecar che si avvicinava, il Sergente mi annunciò tempestivamente che stava giungendo il Colonello, io mi lasciai filare lungo il breve pendio, estrassi la pistola, tolsi la sicura e mi preparai al peggio. La moto si fermò e il Colonello diede ordine al Sergente che al più presto doveva recarsi con i muli alla batteria del Bracco, coricare tutte le armi e l’esplosivo e trasportarlo nella Cappelletta di S. Antonio sita al bivio che porta a Bargone della località Bargonasco. C’è stato segnalato un grosso movimento di “Ribelli” perciò dobbiamo concentrare il materiale per una più sicura difesa da eventuali attacchi di quei traditori e ripartì. Risalii sulla strada e accompagnai il Sergente dal Toro e assieme prendemmo le decisione: saremmo tornati la sera dopo verso le 21 e che loro si tenessero pronti con muli carichi e tutto l’armamento e quello che non si poteva trasportare, doveva venire distrutto.

Raspolini (Lanciere) e Toro (Manzi) ritornano al comando della Divisione e fanno presente quanto deciso. La sera dopo, da Iscioli, parte il Lanciere, Toro con il suo distaccamento e Tigre con un altro distaccamento; appena partiti il Tigre ordina al Lanciere di andare al distaccamento di Aquila che trovavasi alla Casa Bianca di Monte Domenico, e farsi dare il Banchero (Penin) molto pratico di muli che ci poteva servire per ogni evenienza, si sarebbero dovuti trovare a Bargone. Giunti all’appuntamento, i due distaccamenti non c‘erano più, avevano proseguito per Battilana, era però ad aspettarli il Gek che diede loro le informazioni. Proseguimmo anche noi due, ma giunti poco sotto le case di Massasco sentiamo sotto di noi una sparatoria tremenda, urli, imprecazioni, noi saltammo fuori della strada e rimanemmo in attesa. Era una pessima serata, buia pesta, con scrosci d’acqua a non finire e la burrasca che stava avvicinandosi; dopo poco vedemmo nello penombra,  passare una persona che camminava in modo strano e con la pistola in pugno, era un partigiano o un alpino? Impossibile distinguere, lo seguimmo con lo sguardo e lo notammo bussare alla porta della Signora Muzio (moglie del Generale Muzio) sostenitrice di quella gentaglia e spesso e volentieri in casa sua si tenevano “festini” molto “liberi” (così si diceva nel paesino) alla richiesta dall’ interno di chi fosse, rispose “sono l’ufficiale degli alpini ….. (non capimmo il nome). La porta si apre immediatamente e così si rinchiuse. Capii ormai che l’azione di prelievo degli alpini era fallita e io e Penin ritornammo indietro. Che cosa era successo? Quella sera due ufficiali degli alpini accasermati al Bargonasco, si erano recati in casa della solita signora e dopo avere gozzovigliato stavano tornando al quartiere; lungo la strada erano di guardia due partigiani, anche per aspettare noi due, mentre gli altri avevano preso posizione come precedentemente prestabilito ed erano tutti in attese di me, ero infatti io che dovevo presentarmi al Sergente; sentendo venire giù lungo il viottolo due persone, diedero il “chi va là” e chiesero la parola d’ordine, gli ufficiali accortisi che arano partigiani fecero fuoco al che i n/s risposero, un’ufficiale rimase ferito nelle parti basse (ecco perché camminava in quel modo) e un partigiano [venne ferito] ad un polpaccio di una gamba, ma fortunatamente non troppo gravemente; [si] seppe dopo che tutta l‘altra sparatoria fu una messa in scena del Serg. Arduino per camuffare tutta l’operazione.
La sera dopo la sparatoria, tornammo ancora giù io e il Toro [Manzi Silvio di Casarza], mi presentai al Sergente, spiegai quello che era successo e allora caricati i muli di armi e munizioni prelevate dal deposito (un grosso aiuto ci fu dato da gente del posto, ma particolarmente da Attilio … che per caricare i muli fece la spola da deposito alla strada, cosi da Battilana partirono verso la montagna ben 15 muli carichi di armi e munizioni e 25 alpini con il loro sergente Arduino. Ad accompagnare tutta quella gente eravamo “ Lanciere e Toro!!!”. Da notare che oltre ai muli avevamo preso anche il cavallo del Colonnello. La notte fu veramente inclemente, acqua a non finire che ci accompagnò per tutta la notte.
Il tragitto attraverso i boschi, al buio, sotto la pioggia battente non ebbe più intoppi di sorta e così giungemmo a destinazione, a Iscioli, che stava spuntando l’alba. Tigre fece sistemare muli e alpini, asciugarono la roba che avevamo addosso, si distribuirono le armi di cui tanto avevamo di bisogno, alla notte successiva si dovette ripartire, il Comando Divisione ci aveva assegnato un casolare situato sopra Buto, perché nella n/s zona era stato segnalato un rastrellamento.
Si riparte verso le 2 di notte e attraverso il monte Bianco, monte Zanone, Disconesi e Maissana, ci portiamo sopra la strada che dal Santuario di Velva porta a Varese Ligure. In quel tempo Varese Ligure ora ancora in mano ai Nazi-Fascisti e mentre eravamo appostati sopra la strada in attesa di attraversarla passò un’auto con sul davanti una bandierina con molte stellette, certamente vi era sopra un alto ufficiale della repubblica di Salò, infatti davanti ad essa e dopo viaggiavano molte moto bene armate; sapemmo dopo che sulla macchina viaggiava il Generale Graziani, penso che un’occasione simile non si sia mai presentata a nessuna formazione partigiana e a noi è sfuggita. A Buto troviamo un distaccamento della Centocroci che al n/s sopraggiungere si ritira da comandi ricevuti. Ci sistemiamo alla meglio ma poi bisogna pensare al vettovagliamento: Tigre mi dice di prendere un uomo e di andare a cercare da mangiare. Mi porto alle case del paesino a racimolare ben poco, ritornando verso i compagni passo vicino ad un casolare dove una donna stava cuocendo un po’ di polenta, doveva mandarne al marito sui monti dove stava lavorando a fare carbone e sfamare 4 o 5 bambini; fu questa donna che mi diede l’informazione che risultò poi tanto utile. Poco prima ero passato da una casa e avevo chiesto aiuto per una 40ina di partigiani che avevano fame, ma mi fu risposto che non avevano assolutamente nulla; la donna mi disse; “andate in quel casone vicino la casa, troverete almeno 2 sacchi di formaggio che quel signore ha truffato al suo padrone (era questi un gerarca fascista che  risiedeva a Sesta Godano) visto che dovrà con lo stesso dividere il formaggio stesso, quindi in casa ne ha molto altro e se lo vende a prezzi che nessuno di noi può comprarlo!!!”. Tornai da Tigre e dagli altri, mi vestii da sergente degli alpini, presi con me altri partigiani vestiti anch’essi da alpini, mi ripresentai allo stesso signore e gli chiesi il formaggio spettante al suo padrone della Sesta come lui ci aveva ordinato e mi furono consegnate un mucchio di formaggine in diversi sacchi, alla fine dissi “adesso andate a prendere quello che avete nascosto nel casone, datecelo e noi taceremo il tutto con il vostro padrone; così fu fatto, fingemmo di andare verso Sesta Godano, poi ritornammo indietro e passammo davanti la casa della povera vecchietta le lasciammo un bel po’ di forme di quel bene racimolato e giunti al casone, dove avevano già cotta la polenta con la farina raccolta, un po’ di patate, spaccammo quelle forme e facemmo festa. Dopo poco vidi giungere tutto trafelato quello del formaggio che veniva a denunciare che gli alpini le avevano portato via tutto, ma che noi potevamo ancora riprenderli, attraverso scorciatoie che lui conosceva; rivoleva il suo formaggio! Presi una bomba Sipe, la disinnescai e la feci scoppiare, lanciandola lontano dal casone e gridai: siamo attaccati dagli alpini! Bene! Dovevate vedere quel “sciacallo” come se le è data a gambe levate.
Il padrone del contadino era il Dottore della Sesta e comandava le brigate nere, era forse il più ricco del paese e un vero fetente!
Dopo pochi giorni ci arrivò l’ordine di rientrare nella n/s zona.

Sempre Lanciere che parla:

Un giorno mi trovavo da mio suocero e passò da casa un mio cognato che era in servizio nella R.S.I. ed era diretto al fronte e le avevamo data una breve licenza; lo convinsi ad andare in montagna e così fece; fu un buon partigiano e si beccò anche una bella ferita in una gamba in uno scontro avuto con una pattuglia di Tedeschi, ma questi furono decimati.
Altra azione importante e che se non fosse stato per una spiata di una ragazza, la batteria con 4 cannoni di stanza a Conscenti, sarebbe passata ai partigiani. Questa volta era con me anche Italo e Bocci. Ci salvammo per un puro caso e lo dobbiamo ai padroni della trattoria che si trovava sulla piazza di quel paese, che a rischio della loro vita ci fecero passare attraverso una porticina secondaria e così ci potemmo mettere in salvo.
Questa azione dovrebbe descriverla Italo, certamente se la ricorda meglio di me oppure Naccari. Era con noi anche Viola. 

Come andai in montagna e perché: “Lanciere”

È passato un periodo a Casarza Ligure che i Tedeschi pagavano molto bene tutti coloro che si prestavano a fare la guardia ai fili lungo la linea, perché già troppe volte, dicevano loro, i “Ribelli” le avevano interrotte.
Anch’io entrai in quel gruppo e ricordo che a turno due di noi dovevamo farne saltare un pezzo; così, a essere ben pagati, potevamo boicottare loro, noi al loro servizio. La cosa prese ad essere conosciuta da molta gente e un giorno mi si presentò Biggi (oggi papavero della DC) che allora militava nelle brigate nere di Sestri Levante e che guidò i Tedeschi e i fascisti in un rastrellamento Cardini dove venne ucciso un innocente valligiano, (in caso di schiarimenti su ciò chiedere al Gronda) e mi avvertì di fuggire perché proprio quel giorno sarebbero venute le brigate nere a prendermi, non solo per il boicottaggio che facevo ai camerati Tedeschi, ma anche per aver inviato alpini in montagna e perché “Comunista”! Io non volevo credere a ciò, pensavo che lo stesso volesse accattivarsi della simpatia da parte n/s, visto che le cose per loro si mettevano molto male. Allora il Biggi mi fece il nome della spia di Casarza che era andata a spifferare tutto a Sestri. Si fingeva una n/s collaboratrice e lo era, ma faceva il doppio gioco; dovetti arrendermi all’evidenza, avvertii mia moglie di quello che stava accadendo, dicendole che se fossero venuti a cercarmi anche lei con i due bambini mi doveva raggiungere immediatamente perché altrimenti ne avrebbe pagato le conseguenze lei. Quel giorno si tenne nascosta in casa di amici e puntualmente  le brigate nere vennero a cercarmi, così io, mia moglie e i miei due bambini in tenera età ci demmo alla montagna.

Azione di San Rocco: Prime armi alla Div. Coduri – Prese al nemico

Il giorno che scappai ai monti, capitai a Bargone, allora, i partigiani erano ancora molto pochi, ricordo che proprio a Bargone mi incontrai con Virgola, Naccari, Gronda, e pochi altri che stavano tornando da un’azione andata male in quel di Deiva Marina dove si erano recati per prelevare da un presidio di fascisti, oltre ai militi, che come fatto in altre parti li spogliavano e li mandavano in paese in mutande, particolarmente le armi che avevano segnalato essere buone e automatiche, come mitra e 2 mitraglie; purtroppo tutto il gruppo era stato spostato nella cappella di S. Rocco sopra Casarza. All’intorno però, sulla strada del Bracco avevano attaccato una macchina di ufficiali Tedeschi, 3 per l’esattezza più l’autista di grado elevato e li abbatterono, poi, per il sopraggiungere di altre macchine e camion dovettero sganciarsi senza potersi impossessare delle armi che avevano.
Virgola e Gronda mi chiamarono da parte e mi dissero: “Senti Raspolini (allora non avevo ancora il nome di battaglia) ti diamo una pistola con 3 colpi, non ne abbiamo di più, te la sentiresti di andare a S. Rocco con 5 o 6 ragazzi disarmati, fingendo di andare a raccogliere legna, per vedere se puoi prendere quelle armi? Sottinteso che non devi esporti troppo al pericolo!!!”. Pensai su un po’, poi accettai; però dissi: “Se mi accorgo che c’è pericolo non mi espongo!”. “Certo – risposero loro – è tuo dovere sincerarti bene che non succeda niente a te e ai ragazzi”. Partii e ricordo che con me c’erano i fratelli Gamboni di Sestri Levante, il fratello di Peter e altri 2 o 3 che non ricordo più chi fossero, però interrogando questi si sapranno anche i nomi degli altri …………………… Ci portammo sulla strada del Bracco, camuffati da cercatori di legna e al momento propizio la attraversammo, ricordo che era il 3 di Giugno 44. Salimmo con molta circospezione verso la cappelletta e giunti nelle vicinanze appostai i ragazzi dando loro gli ordini di come comportarsi in ogni evenienza. Erano le 14, faceva un caldo cane, io ero vestito con un paio di pantaloncini cotone, mi avvicinai cautamente alla finestrella e notai che diversi militi stavano dormendo, uno si faceva la barba e un altro stava pulendosi dalle piattole che sicuramente le davano molto fastidio, mi portai alla porta, saltai dentro e con la pistola in pugno (con 3 pallottole appena) intimai il mani in alto e dissi loro con fare deciso: siete circondati dai partigiani, non vi vogliamo fare alcun male e nemmeno portarvi via, vogliamo soltanto le armi, altrimenti vi facciamo fuori tutti! Stettero fermi con le mani in alto, allora chiamai: prima squadra disarmata avanti! Arrivarono di corsa, ci impossessammo delle armi e ci facemmo dare le scarpe. Ora, dissi loro, ve ne state buoni, buoni per un paio d’ore, poi andate dal comando e raccontate che siete stati sopraffatti dai partigiani che erano un 100tinaio e non avete potuto opporre resistenza, ma non fatevi più trovare con indosso quella sporca divisa perché allora non avremo più nessuna pietà. Giunti che fummo nel casone del Sesco fu festa, quelle armi furono per la formazione Virgola tanta manna.
Le armi prelevate furono: 12 fucili; 2 cassette di bombe a mano; c.a. 2000 pallottole; 2 Mitragliatrici Beretta; 3 mitra. Molte pallottole.
Prima di partire feci tagliare i fili di collegamento.
Da notare ancora che coloro che vennero con me in quella azione, furono tutti dei volontari, perché la banda Virgola, divenuta poi Divisione Coduri, per le azioni di guerriglia volle sempre dei volontari, mai nessuno fu obbligato a parteciparvi con la forza, era contro il n/s modo di pensare e di agire. “Considerazioni di Gronda”.

Attacco al Comando della Divisione Coduri da parte Tedesca e fascista

Racconta sempre il Lanciere: Quella sera Virgola invita il sottoscritto e Colombo, allora Comandante della polizia, di recarci nella casa vicina alla Chiesa dove funzionava l’infermeria con a capo il Dott. Canna, avvertire i tre feriti che colà si trovavano e con in testa il Canna che si portassero alle Colle di Valletti in casa del n/s amico Ghiggeri, perché, ci disse, sembra ci sia un rastrellamento in corso: giunti a una decina di metri dalla casa, noto di fronte a me, in posizione sottostante, delle ombre che si muovevano, era buio, saranno state le 22, ma prima che io e Colombo si chiedesse loro chi fossero ci sentimmo dire Non sparate! Siamo Alpini! La neve, caduta in abbondanza in quei giorni, superava i 50 cm di altezza; io rimasi come agghiacciato; in quell’attimo pensai pensai: sono morto, non vedrò più né mia moglie, né i miei bambini! Mi volto per chiedere a Colombo il da farsi, ma lui resosi immediatamente conto della situazione era già corso indietro ad avvertire il Comando, che al completo, si trovava in casa, ignaro di quanto succedeva: è mancato un pelo che la manovra dei Tedeschi riuscisse in pieno. Prendere il Comando al Completo!!! Che colpo sarebbe stato!!! Immediatamente, visto che non mi sparavano, con due balzi felini mi buttai ai piedi della casa dove era il Comando; lì nascosto notavo sotto di me gli elmetti dei Tedeschi che stavano avvicinandosi alla porta del Comando in un bel momento, sopra la mia testa, attraverso una finestrella, partì una raffica che comprendeva pallottole traccianti; allora gridai che facevano, stavano sparandomi a non più di 5 cm sopra la mia testa; da dentro sentii chiedermi la parola d’ordine, al che risposi: “Italo”. Virgola mi riconobbe dalla voce e mi chiese: “ma che succede?” sono circondato dai Tedeschi, non posso muovermi, risposi; Virgola: lancia le due Sipe nel gruppo più vicino, salta la fascia che ti separa dal fianco della casa e forse ce la fai, noi ti copriamo con scariche automatiche; presi le due Sipe, tolsi la sicura e le tenni in mano non so quanto, poi le lanciai, una scoppiò in mezzo, l’altra scoppiò che era ancora in aria, ma sollevò una spessa nube di neve e così potei ritirarmi da quella trappola mortale; appena raggiunto Virgola ci ritirammo alle Colle di Valletti, trovandoci dietro un ufficiale degli alpini che era stato fatto prigioniero giorni prima. Il mattino vennero attaccati i partigiani alla casa sopra la Gattea, a tradimento morirono ……… partigiani.
Come poté il nemico arrivare fini alla casa dei Comandi della Divisione senza che nessuno desse l’allarme? Eppure da ogni parte v’erano distaccamenti partigiani! Il fatto è che ancora una volta i partigiani mostrarono la loro dabbenaggine, per non dire di più. Era successo che circa un mese prima era stato fatto prigioniero un maresciallo Tedesco e le informazioni giunte dal posto dove operava erano state molto buone, allora, pensando ad un suo eventuale ricupero, lo si mandò in un distaccamento, sempre disarmato beninteso, ma libero di circolare a suo piacimento; di nascosto si fece una mappa tanto precisa della gola quasi impraticabile, mai sorvegliata da n/s pattuglie, che insieme al suo comando, dopo che ci era fuggito, pensò di portare una colonna di Tedeschi fino al Comando di Divisione e prenderlo al completo e quasi ci era riuscito! Ecco uno dei gravi errori commessi dalla Coduri! È fuggito un prigioniero, prigioniero che era libero di circolare come voleva e noi non siamo stati capaci di rintuzzare quanto lui così abilmente aveva saputo fare?
Come spiegano ciò i componenti del Comando di Divisione? Naccari, Leone, Italo, Miro, Falco, Bocci, e tutti gli altri? Come funzionava la n/s polizia?
Osservazioni di Gronda!: “E il cappellano della Divis. Don Bobbio!?!”  (e.v.b.)

ooOoo